sabato, aprile 15, 2006

Podcast quanto costa mettersi in regola

Nella ricerca di notizie sul podcasting per partorire la mia tesi finalmente ho avuto risposta ad uno dei tanti interrogativi che mi stavo ponendo e cioè :





visto che scaricare musica peer to peer, coperta da diritti d'autore, è illegale mi stavo chiedendo se il podcasting fosse la risposta legale all'ilegalità sopra citata e invece la già si è mossa a trovare una fac-soluzione.



tratto da apogeonline e scritta da Marco Traferri




Per tutelare le opere musicali protette
da diritto d'autore, la Siae ha sviluppato una licenza pensata appositamente per
chi diffonde musica attraverso siti web. Opportunità e limiti

La crescente diffusione del fenomeno podcasting deve
necessariamente fare i conti, anche in Italia, con il diritto d’autore. Ci
piaccia o no, quando nei nostri podcast inseriamo brani musicali che non sono di
pubblico dominio, dobbiamo corrispondere un compenso all’autore degli stessi o,
dopo la sua morte, a coloro che ne detengano il diritto- articolo 1 della
legge n° 633 del 22
aprile 1941-

All’inizio del 2006 la Siae, ha elaborato, tra le prime al mondo,
una licenza appositamente ideata per il podcasting e denominata Autorizzazione per l’utilizzazione in modalità podcasting delle opere
musicali amministrate dalla Siae
. Quali opportunità offre tale licenza?
Quali sono i suoi limiti? Entro quali confini il podcaster può muoversi?
Cerchiamo di rispondere a questi interrogativi esaminando più da vicino quanto
stabilito dalla SIAE.

L’articolo 3 della licenza vuole che i podcast oggetto
dell’autorizzazione abbiano questi requisiti:

  • durata massima di 60 minuti primi;
  • presenza di brani amministrati in numero non superiore a 15 per ogni podcast
    o comunque non superiore, in durata, al 75% della durata dell’intero podcast;
  • successione delle opere musicali amministrate presenti nel file
    rigorosamente interrotta da contenuti parlati e/o da commenti, fermo restando il
    diritto di utilizzare i brani come sottofondo o come commento ad altri contenuti
    audio.

L’insieme dei requisiti non sembra particolarmente oneroso. Non
capita tutti i giorni di realizzare o ascoltare podcast che superino i 60 minuti
di durata e che comprendano più di quindici brani musicali. Inoltre,
interrompere la successione musicale con interventi parlati è pratica piuttosto
consolidata. Siamo dunque alle prese con un’autorizzazione che sembra non porre
gravosi limiti al podcaster e che pare consentirgli sufficiente libertà di
movimento. Ma andiamo avanti.

La Siae suddivide i siti di podcasting in tre specifiche
categorie, ciascuna delle quali ha diritti e doveri diversi da quelli delle
altre:

  • podcast di tipo amatoriale;
  • podcast di enti pubblici o di organismi senza scopo di lucro;
  • podcast di tipo commerciale.

I podcast amatoriali. Sono considerati amatoriali quei
siti che, per definizione della stessa Siae, non generino introiti e non abbiano
alcuna finalità commerciale, che appartengano a persone fisiche e che non
producano più di 1.000 download a settimana. La loro quota annuale, laddove la
musica non incida più del 25%, è stabilita in 120 euro. Si tratta dunque di una
quota abbordabile, che può consentire a molti di fare podcasting nel pieno
rispetto della legge e dei diritti di tutti. Tale licenza, tuttavia, pone un
limite le cui finalità paiono poco comprensibili: oltre i 1.000 download a
settimana, stabiliscono le regole Siae, il sito – anche mantenendo le sua
connotazione amatoriale – verrebbe automaticamente classificato tra quelli a
scopo di lucro. Il risultato? Ben 1.560 euro l’anno di tariffa: il 1300% della
quota amatoriale. Un divario che potenzialmente mortifica le prospettive di quei
siti che pur non avendo obiettivi commerciali riescono a suscitare seguito e ad
avere un alto numero di download. Perché catalogarli tra quelli a scopo di
lucro? Perché passare da 120 euro l’anno a 1.560 solo in ragione di un più alto
numero di download? I siti di carattere amatoriale sono sostenuti dall’unico
propellente della passione, della volontà, della voglia di fare. Non hanno
finalità economica, non si prefiggono di guadagnare, anzi, sono sempre
generosamente finanziati dagli stessi titolari, che spendono energie, tempo e
denaro per tenere in vita loro iniziative. Non hanno alcuna entrata. Sono sempre
in perdita. Perché dunque costringerli anche all’esborso di oltre tre milioni
delle vecchie lire?

I podcast di enti pubblici o di organismi senza scopo di
lucro.
Sono inseriti in questa categoria tariffaria i podcast di istituzioni
pubbliche ed enti locali e quelli attivati da associazioni riconosciute o non
riconosciute, fondazioni e Onlus, caratterizzati dall’assenza dello scopo di
lucro e dall’essere espressione di particolari istanze culturali, etniche,
politiche e religiose. La tariffa annua, laddove la musica non incida oltre il
25% dell’intera programmazione, è di 780 euro, con il limite di 15.000 download
prodotti a settimana, limite oltre il quale si è tenuti a corrispondere una
quota aggiuntiva di 6 euro ogni 1.000 download.

I podcast di tipo commerciale. Sono costituiti, dichiara
la Siae, dai siti di podcasting che, attivati da qualsiasi soggetto, generino
introiti o siano inseriti in siti di aziende, studi di professionisti o siano
sponsorizzati o attivati da o per conto di soggetti che svolgono attività
commerciali o prestazioni di servizi di qualsiasi genere. Nel loro caso le quote
da corrispondere sono determinate, oltre che da una tariffa mensile minima di
130 euro, da una percentuale da calcolare sugli introiti annui lordi per
pubblicità, sponsorizzazioni, abbonamenti, canoni, tariffe, carte a scalare e
simili realizzati attraverso il sito in relazione alla percentuale di musica
utilizzata nel podcast commerciale. L’aliquotaminima, quando la musica non
rappresenti più del 25% della programmazione, è del 2%. Nulla da eccepire. Se
adoperiamo musica tutelata e ne ricaviamo degli introiti è giusto che l’autore
dei brani utilizzati ne tragga anch’egli beneficio.

Un’unica, significativa perplessità: produrre profitti mediante
podcasting non è impresa delle più semplici. Siamo all’inizio e modelli di
business adeguatamente sviluppati, almeno in Italia, non se ne vedono ancora.
Perché, allora, non favorire l’avvio del business stabilendo una soglia minima
di introiti annuali al di sotto della quale il sito verrebbe ancora considerato
amatoriale? Ci sono molti siti, per fare un esempio, che vedono negli AdSense di
Google la loro unica fonte di ricavo. Nella stragrande maggioranza dei casi si
tratta di siti che traggono dai clic dei loro visitatori, appena qualche euro il
giorno. Costringerli a sborsarne 1.560 l’anno per avere l’autorizzazione Siae
significa, di fatto, azzerare le loro entrate e impedire la crescita delle tante
iniziative che stanno nascendo. Perché, invece, non proporsi di favorirla?
Perché non provare a stabilire un tetto di ricavi al di sotto del quale il
podcaster potrebbe continuare a utilizzare musica senza l’onere dei 1.560 euro
ma limitandosi a corrispondere i 120 Euro previsti per la categoria
amatoriale?

Modificando l’autorizzazione in questo senso la SIAE
conseguirebbe molti buoni risultati. Favorirebbe la crescita del fenomeno
podcasting, la regolamenterebbe ulteriormente incoraggiando molti a
sottoscrivere licenze non più onerose, conseguirebbe essa stessa notevoli
benefìci in termini di ritorno di immagine, ponendosi ancor più dinnanzi
all’utente come un’istituzione sensibile e pronta a percepire i mutamenti rapidi
e continui del nostro tempo, un’istituzione che non deprima lo spirito di
iniziativa ma che sappia favorirlo e incoraggiarlo nell’interesse di tutti:
autori, editori, licenziatari, utenti.

Attendiamo fiduciosi, consapevoli di come non sia per nulla
facile soddisfare le esigenze di tutti e apprezzando lo sforzo già profuso dalla
Siae per regolamentare un settore, quello del podcasting, ancora nuovo e quindi
in costante evoluzione.

.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

carissima zia Bea, non è esattissimo dire che scaricare musica peer to peer sia illegale. Non è neppure esattissmo dire -in generale- che scaricare musica sia illegale. E' illegale solo se la musica è coperta da diritti d'autore.Infatti esistono siti da cui si può tranquillamente (e legalmente) scaricare musica perchè i suoi autori la mettono liberamente a disposizione, per farsi pubblicità o altro.
Scusa la pedanteria, ma siccome mi sono autonominato tuo tutor, mi sembrava doveroso :-)

Beatrice ha detto...

ciao don tutor
tu hai perfettamente ragione sono stata io ad essere poco specifica nello scrivere e a sottintendere cio' a cui mi riferivo e cioè alla musica coperta da diritti
comunque
gentil "cavalier servante"
se mi permette correggo il post

approposito conosci siti che fanno podcast di musica italiana che la volevo mettere sul blog?!?!?

cià ciao

Anonimo ha detto...

brava, mi stai dando un sacco di soddisfazioni :-)
Per la musica italiana prova a vedere in questa directory:
http://www.podcast.net/cat/92

Buona giornata :-)

Beatrice ha detto...

MITICO DON VADO SUBITO A VEDERE

CIà CIAO